1- Da dove viene il termine “balsamico”? 

L’aceto viene chiamato Balsamico perché un tempo si credeva avesse proprietà curative e terapeutiche. Il  termine deriva dal greco “balsamon” che significa “lenimento” e “conforto”. Già nell’antica Roma, il mosto cotto fermentato veniva somministrato a chi soffriva di problemi allo stomaco e all’apparato respiratorio. Una credenza in parte corretta. Infatti l’aceto Balsamico di Modena è un ottimo alleato per la digestione. 


2 – Una firma d’autore condivisa.

L’aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP viene imbottigliato in una ampolla da 100 ml a forma di goccia e dalla base regolare, realizzata in vetro bianco massiccio. Disegnata dal designer Giorgetto Giugiaro per i 125 anni del Consorzio Balsamico di Modena, è ormai diventata obbligatoria per tutti i produttori, secondo quanto stabilito dal Disciplinare di Produzione. 

Venite a scoprire le nostre boccette di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP con le loro preziose etichette damascate dai toni barocchi, come omaggio alla tradizione estense.


3 – La qualità è il frutto della natura. 

Come capire la qualità di un Aceto Balsamico di Modena? E’ molto semplice, basta affidarsi all’equilibrio degli ingredienti. L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è ottenuto da mosto cotto invecchiato, senza l’aggiunta di conservanti, coloranti, addensanti o solfiti. Il vero oro nero di Modena è naturale al 100%. Il disciplinare dell’Aceto Balsamico di Modena IGP consente l’aggiunta di caramello che conferisce al prodotto maggiore consistenza e un persistente colore bruno, ma compromette la qualità del prodotto. 

Tutti gli Aceti Balsamici di Modena di Delizia Estense sono completamente naturali, prodotti senza l’aggiunta di mosto concentrato o di caramello, per portare sulle vostre tavole il gusto autentico del vero Aceto Balsamico di Modena.


4 – Come assaporare l’Aceto Balsamico di Modena?

Per una perfetta degustazione in purezza, è utile utilizzare un cucchiaio in ceramica smaltata. Meglio diffidare dei cucchiai in metallo perché si rischierebbe di compromettere l’analisi sensoriale dell’oro nero. La ceramica permette di apprezzare al meglio le sfumature olfattive e il sapore dell’Aceto Balsamico di Modena, e grazie al colore bianco favorisce una perfetta analisi visiva.


5. Chi è il padre dell’Aceto Balsamico di Modena?

Le più antiche testimonianze della cottura del mosto risalgono all’antica Roma. Nei testi di Virgilio compaiono i primi riferimenti a questa tecnica produttiva. Ma solo nel XIV secolo l’Aceto Balsamico di Modena diventa un oggetto di studio. Il primo a occuparsene fu il medico Antonio Vallisneri che scrisse alcuni testi scientifici sulle caratteristiche di questo condimento. Bisogna aspettare il 1862 per ritrovare quella che oggi è la ricetta alla base del disciplinare di produzione. L’agronomo ed enologo Francesco Aggazzotti scrisse in una lettera di aver trovato la ricetta dell’oro nero. E considerando il successo dell’Aceto Balsamico di Modena, non si era affatto sbagliato.